Artista

Andrea Buttazzo

Attivo nel suo laboratorio a Lecce, sede dell’associazione culturale LAB11, “è tra i più interessanti prospetti del territorio, propone opere scultoree e installative ambientali, eseguite mediante tecniche e materiali diversi. La sua impronta tende a un rinnovato dadaismo, che simula gli ‘objet trouvè’, e a richiami surrealisti, artepoveristi e concettuali. Il suo, vero e proprio, atteggiamento creativo, singolare e disinvolto, non privo di implicazioni ludico-ironiche, fatte di doppi sensi verbali e ambivalenze…” come annota Massimo Guastella, ed ancora ”… Buttazzo ha portato avanti la sua produzione con giochi tra visuale e verbale sostanziando il lavoro con freschezza ironica nella doppiezza intrigante del titolo e nella vivace intensità delle forme, cercando nell’allusione simbolica un più ravvicinato incontro/confronto ‘con la realtà sociale’, cosicché, la sua singolare interpretazione dell’essere artista, induce a osservare con Joseph Beuys: “uomo è colui che plasma la ‘scultura sociale’”.

Per Andrea Buttazzo (Lecce, 1974), la passione per l’arte nasce in maniera naturale, all’interno dell’ambiente domestico, grazie all’interesse del padre per la pittura napoletana del primo Novecento e all’artista Roberto Buttazzo, suo zio.

Decisivo è l’incontro, nel 1988, con Marcello Gennari, a quei tempi professore di scultura presso l’Istituto Statale d’Arte di Lecce. In questo fondamentale momento di apprendistato, il giovane allievo assimila dal maestro, oltre all’abilità tecnica, il senso di un rapporto diretto con la pietra, in cui materia e idea si equilibrano attraverso un attento studio che non esclude la presenza del gioco.

Precocemente affascinato dalla malleabilità accomodante della pietra leccese – che egli preferisce chiamare semplicemente “pietra”, liberandola da un vincolo di provenienza a volte troppo stringente -, Buttazzo completa gli studi diplomandosi in scultura, nel 1997, presso l’Accademia di Belle Arti di Lecce.

In questi anni in cui la morsa del mercato spinge gli artisti al recupero dei temi legati alla soggettività, mentre molti rivolgono il proprio estro verso le nuove espressività tecnologiche, Buttazzo appartiene alla schiera degli artisti per cui la pratica manuale si tramuta in metodo di indagine della moderna condizione sociale, collettiva e individuale. Così, il monumento Resistenza partigiana, collocato nel 1997 in Piazza 1° Maggio a Martano, è non solo un monito storico, ma anche simbolo della resistenza opposta dall’individuo contemporaneo alle vicissitudini esistenziali.

Sebbene il suo esordio artistico risalga al 1992 in occasione dell’estemporanea Primo maggio. Festa del lavoro a Leverano, la sua prima personale, dal titolo Falsi Profili, si compone di sculture e installazioni allestite, nell’agosto 1998, presso lo Studio San Lazzaro a Lecce.

Durante il 1° Simposio nazionale di scultura contemporanea su pietra, svoltosi nel maggio 1999 a Cordenons (Pn), Buttazzo realizza a quattro mani con Debora Carrozzo – con la quale stringe un sodalizio artistico dal 1995 al 2005– la scultura Blocco mentale, in cui una fenditura nel blocco lapideo crea un’apparente simmetria in dialogo fra natura e idea.

Nello stesso anno, in Palazzo Carafa a Lecce, Marina Pizzarelli cura la personale dell’artista Assenzessenza, sottolineando come la perizia progettuale e tecnica nell’uso della pietra locale trapassa la tradizione barocca prettamente decorativa, per stabilire un equilibrio tra pratica manuale e mentale fondato sull’analisi e il controllo della creazione artistica, di cui ne è esempio A e B in equilibrio. A questo punto, come scrive Lucio Galante nel catalogo della XVII edizione della collettiva d’arte sacra Pro Arte Pro Deo da lui curata a Monteroni nell’estate del 2004, Buttazzo «s’è già consapevolmente calato nel corso dell’arte contemporanea, anche perché, dopo la personale del 1999, s’è aperto a ulteriori sperimentazioni sia nelle modalità espressive, vedi le installazioni, sia nei materiali e nelle tecniche».

Gli esordi del nuovo millennio vedono l’artista coinvolto in diverse esperienze espositive, fra le quali si ricordano la collettiva Arte in scena del 2002, in cui è presente con Anticamera, messa in scena ai Cantieri Teatrali Koreja, e Canino, esposta per Mistero e ironia al Primopiano Linving Gallery; la Terza Triennale d’Arte Sacra Contemporanea, tenuta nel 2004 presso il Seminario Arcivescovile di Lecce, dove espone Mistero della fede che entra a fare parte della collezione GASC; la già citata edizione del 2004 di Pro Arte Pro Deo; la Fiera del Levante. Eventi di Cambiamento organizzata a Bari nel settembre 2007; la location leccese de Lo stato dell’arte. 54ª Esposizione Internazionale d’Arte Biennale di Venezia. Padiglione Italia: Puglia, disposta nel 2011 nell’ex Convento dei Teatini, in cui l’artista ha esposto l’opera Fragile; nel 2012 la XXV edizione di Pro Arte Pro Deo, allestita a Monteroni (Le) e curata da Lucio Galante e Massimiliano Cesari.

Dal 2012, inoltre, l’opera site specific Maneggiare con cura è parte della collezione permanente Simposio della Scultura del Map di Brindisi.

Lab11, sede a Lecce dell’omonima associazione culturale, è il luogo in cui prendono forma i lavori di Buttazzo, ispirati ai ready made dadaisti con influssi di derivazione surrealista, artepoverista e concettuale. Caratteristico dei suoi interventi è l’aspetto ludico che permea i titoli delle sue opere in cui, plasmando le lettere, compone lemmi in grado di trasmettere, in chiave efficacemente ironica, messaggi sociali. Così, CHISiMAS. Imprevisto di Natale, installazione esposta nel dicembre 2012 nelle vetrine della Galleria Francesco Foresta a Lecce, esibisce il bucato logoro di Babbo Natale mettendo in luce, grazie anche a un sottile gioco verbale, una lettura della crisi economica in bilico tra il tragico e il beffardo.

In occasione a partire dal dicembre 2013, Buttazzo è protagonista di ASSENZaeSSENZA, a cura di Massimo Guastella, presso il Map – Museo Mediterraneo dell’Arte Presente di Brindisi. L’operazione, che si svolge in più giornate, è incentrata sulla realizzazione site specific dell’installazione Natività, configurandosi come un’azione compartecipata con gli spettatori – nello specifico alunni di scuole superiori – che diventano coprotagonisti della creazione artistica. L’intento è quello di riflettere, questa volta, sull’odierna crisi socio-culturale, auspicando una società aperta a culture e tradizioni diverse. Funzionale, a tal fine, è l’uso della stoffa cosiddetta “dei Polacchi”, nonché la riflessione sull’origine mediorientale della Sacra Famiglia e sull’idea del simbolo come essenza percepita contemporaneamente quale assenza e presenza.